Buonasera,
sono Giuseppe Possedoni e sono – come qualcuno di voi avra’ forse ormai
memorizzato - uno dei responsabili dell’associazione culturale Oriente
Occidente, che qui rappresento insieme con mia moglie Francesca Ferretti.
Ricordo ancora che e’ Oriente Occidente che ha promosso e sta realizzando, in
questo maggio 2015, Expo dello Spirito, rassegna di vari appuntamenti resa
possibile – va detto - anche grazie all’apporto economico di Prometeo Estra
Spa, sponsor principale, Consiglio regionale delle Marche e Api Raffineria.
Questa sera Expo dello Spirito - che come forse qualcuno di voi
ricordera’ reca il sottotitolo ‘’Dogma,
Bellezza, Legge Naturale: Pilastri della Caritas’’ – chiude la sua seconda
fase, ovvero il triduo dedicato alla Bellezza, e, in particolare, alla Bellezza
che anche la liturgia della nuova Messa – a fronte di tanti, troppi mutamenti,
alterazioni, forzature, apporti sedicenti creativi, musiche antispirituali che
negli ultimi decenni hanno imperversato – puo’ ancora avere se, celebrandola,
tutti i partecipanti terranno ben fermo nel cuore e nella mente che un culto
caratterizzato da Bellezza e’ un diritto di Dio, che la Messa, prima di tutto
non e’ per gli uomini, ma e’ per Dio, cerimonia che deve essere bella perche’
gli uomini possano – come devono - rendere a Dio i suoi diritti.
Prima di entrare nel merito, lasciate che vi ricordi che la prossima
settimana avra’ luogo, nella sala conferenze annessa a questa stessa Chiesa,
qui accanto, con ingresso da via Zappata, la terza e conclusiva fase di Expo
dello Spirito, consistente in un corso di tre giorni – mercoledi’ 27, giovedi’
28 e venerdi’ 29 maggio – tenuto dal teologo e filosofo romano Antonio Livi,
emerito della Facolta’ di Filosofia della Pontificia Universita’ Lateranense di
Roma, autore di molti saggi attinenti la sua materia, consultore di varie
Congregazioni vaticane. Il corso ha come titolo ‘’La Fede – vissuta, compresa,
testimoniata – nel Tempo della Crisi’’, e il consiglio che mi sento di dare e’
che chiunque – laico o religioso - sia interessato alla salvezza della propria
anima, e senta l’umile esigenza di fare il punto sulla consistenza della
propria Fede in questo tempo di smarrimento, contraddizioni e confusione,
partecipi intensivamente, mattina e pomeriggio, a questi tre giorni di corso,
anche prendendo in considerazione, se del caso, la possibilita’ di fruire, per
parteciparvi, di un breve periodo di ferie.
Tra poco, invece, qui in questa splendida Chiesa di San Domenico, il
superiore della Comunita’ domenicana di Ancona, padre Francois Marie Dermine,
che e’ un ben noto teologo, docente di Teologia a Bologna, autore di molti
saggi su argomenti attinenti la sua materia, celebrera’ una Messa in novus ordo si’, ma in forma solenne,
ovvero in lingua latina – potrete seguirla valendovi dei foglietti che avete
trovato o troverete sui banchi - nell’ambito della quale verra’ offerto un
servizio di canto gregoriano dai solisti del Rossini Chamber Choir diretti dal
maestro Simone Baiocchi, di Pesaro.
I cantori
del Rossini Chamber Choir – Nenad
Konchar, Giampiero Lascaro e, appunto, Simone Baiocchi – rappresentano la
declinazione solistica del complesso cameristico che, fondato nel 2006 dallo stesso Baiocchi, è stato
protagonista in questi anni di importanti produzioni musicali nelle Marche e a
Roma, esibendosi anche presso la residenza pontificia di Castel Gandolfo alla
presenza di Sua Santità Papa Benedetto XVI in un concerto di composizioni per
coro e orchestra di Domenico Bartolucci, storico direttore del Coro della Cappella
Sistina. Negli anni 2012 - 2014 il complesso di solisti è stato protagonista di
numerose puntate della seguitissima rubrica “La domenica con Benedetto XVI” e
“Nel cuore della domenica”, trasmesse dall'emittente TV2000. Il repertorio
della compagine spazia per lo più nel repertorio sacro, a partire dal canto
gregoriano alla polifonia rinascimentale, dalle opere di autori barocchi sino a
musiche di autori contemporanei, un contesto nel quale figurano anche pagine
composte da Baiocchi.
Debbo pero’ chiedervi, ora,
di pazientare qualche altro minuto, perche’ prima che la celebrazione
abbia inizio, leggero’ alcuni passi
tratti dal Rapporto sulla Fede, il libro intervista del 1985 di Vittorio
Messori all’allora Prefetto della congregazione per la Dottrina della Fede,
cardinale Joseph Ratzinger. Certo, le cose che Ratzinger dice, le dice, in
questo libro, come cardinale, seppure al vertice della piu’ importante
Congregazione vaticana, ma le ribadira’ costantemente anche una volta divenuto
Benedetto XVI.
L’apertura della liturgia alle lingue popolari era fondata e
giustificata … Tuttavia, resta da vedere sino a che punto le singole tappe
della riforma liturgica dopo il Vaticano II siano state veri miglioramenti o
non, piuttosto, banalizzazioni; sino a che punto siano state pastoralmente
sagge o non, al contrario, sconsiderate
…. Anche con la semplificazione e la formulazione meglio
comprensibile della liturgia, è chiaro che deve essere salvaguardato il mistero
dell’azione di Dio nella Chiesa; e, perciò, la fissazione della sostanza
liturgica intangibile per i sacerdoti e le comunità, come pure il suo carattere
pienamente ecclesiale. Pertanto ci si
deve opporre, più decisamente di quanto sia stato fatto finora, all’appiattimento
razionalistico, ai discorsi approssimativi, all’infantilismo pastorale che
degradano la liturgia cattolica al rango di circolo di villaggio e la vogliono
abbassare a un livello fumettistico. Anche le riforme già eseguite,
specialmente riguardo al rituale, devono essere riesaminate sotto questi punti
di vista … Certa liturgia
post-conciliare, fattasi opaca o noiosa per il suo gusto del banale e del
mediocre, e’ tale da dare i brividi... … La liturgia non è uno show, uno
spettacolo che abbisogni di registi geniali e di attori di talento. La liturgia
non vive di sorprese “simpatiche”, di trovate “accattivanti”, ma di ripetizioni
solenni. Non deve esprimere l’attualità e il suo effimero, ma il mistero del
Sacro. Molti hanno pensato e detto che la liturgia debba essere “fatta” da
tutta la comunità, per essere davvero sua. È una visione che ha condotto a
misurarne il “successo” in termini di efficacia spettacolare, di
intrattenimento. In questo modo è andato però disperso il proprium
liturgico, che non deriva da ciò che noi facciamo, ma dal fatto che qui accade
Qualcosa che noi tutti insieme non possiamo proprio fare. Nella liturgia
opera una forza, un potere che nemmeno la Chiesa tutta intera può conferirsi:
ciò che vi si manifesta è l’assolutamente Altro che, attraverso la comunità
(che non ne è dunque padrona, ma serva, mero strumento) giunge sino a noi .
… Il Concilio ci ha giustamente ricordato che liturgia significa
anche azione, e ha chiesto che ai fedeli sia assicurata una partecipazione
attiva. E’ un concetto sacrosanto, che però, nelle interpretazioni
postconciliari, ha subito una restrizione fatale. Sorse cioè l’impressione che
si avesse una “partecipazione attiva” solo dove ci fosse un’attività esteriore,
verificabile: discorsi, parole, canti, omelie, letture, stringer di mani... Ma
si è dimenticato che il Concilio mette nella partecipazione attiva anche il
silenzio, che permette una partecipazione davvero profonda, personale,
concedendoci l’ascolto interiore della Parola del Signore. Ora, di questo
silenzio non è restata traccia in certi riti.
… Ia musica sacra è essa stessa liturgia, non ne è un semplice
abbellimento accessorio. È divenuto sempre più percepibile il pauroso
impoverimento che si manifesta dove si scaccia la bellezza e ci si assoggetta
solo all’utile. L’esperienza ha mostrato come il ripiegamento sull’unica
categoria del “comprensibile a tutti” non ha reso le liturgie davvero più
comprensibili, più aperte, ma solo più povere. Liturgia “semplice” non
significa misera o a buon mercato: c’è la semplicità che viene dal banale e
quella che deriva dalla ricchezza spirituale, culturale, storica.Una Chiesa che
si riduca solo a fare della musica “corrente” cade nell’inetto e diviene essa
stessa inetta.
E, per finire
La liturgia, per alcuni sembra ridursi alla sola eucaristia, vista
quasi sotto l’unico aspetto del “banchetto fraterno”. Ma la messa non è
solamente un pasto tra amici, riuniti per commemorare l’ultima cena del Signore
mediante la condivisione del pane. La messa è il sacrificio comune della
Chiesa, nel quale il Signore prega con noi e per noi e a noi si partecipa. E la
rinnovazione sacramentale del sacrificio di Cristo: dunque, la sua efficacia
salvifica si estende a tutti gli uomini, presenti e assenti, vivi e morti.
Dobbiamo riprendere coscienza che l’eucaristia non è priva di valore se non si
riceve la Comunione: in questa consapevolezza, problemi drammaticamente urgenti
come l’ammissione al sacramento dei divorziati risposati possono perdere molto
del loro peso opprimente. Se l’eucaristia è vissuta solo come il banchetto di
una comunità di amici, chi è escluso dalla ricezione dei Sacri Doni è davvero
tagliato fuori dalla fraternità. Ma se si torna alla visione completa della
Messa (pasto fraterno e insieme sacrificio del Signore, che ha forza ed
efficacia in sé, per chi vi si unisce nella fede), allora anche chi non mangia
quel pane partecipa egualmente, nella sua misura, dei doni offerti a tutti gli
altri.
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